domenica 13 aprile 2008
INVITO incontro "matamorfosi di una valle" - Perosa venerdì 18 aprile ore 21
lunedì 7 aprile 2008
Ass, Nazionale " Salviamo la Costituzione. Aggiornarla, non demolirla
Agli Onorevoli Signori Candidati alla Presidenza del Consiglio
nelle elezioni politiche dell’aprile 2008
SILVIO BERLUSCONI
FAUSTO BERTINOTTI
ENRICO BOSELLI
PIERFERDINANDO CASINI
STEFANO DE LUCA
MARCO FERRANDO
GIULIANO FERRARA
DANIELA SANTANCHÉ
WALTER VELTRONI
Loro sedi Roma, 19 Marzo 2008
Gentile signora, egregi signori,
Le scriviamo a nome della Associazione “Salviamo la Costituzione, aggiornarla non demolirla” che
raccoglie coloro che promossero il referendum costituzionale del 25-26 giugno 2006.
Da varie parti, la prossima legislatura è stata definita come una legislatura “costituente”. Si tratta di
una definizione tecnicamente imprecisa; ma essa sottolinea l’esigenza – indiscutibile - di riforme di
struttura, coraggiose e impegnative.
Tra le riforme previste, alcune concernono le istituzioni (a partire dalla legge elettorale), e anche
qualche disposizione della Carta costituzionale. Ci permettiamo di sottolineare l’esigenza che siano
date agli elettori, sul punto, informazioni precise circa i programmi e i propositi di ciascuno di voi
e delle forze politiche che ciascuno di voi rappresenta.
Nel referendum del giugno 2006, una larga maggioranza di italiane ed italiani ha voluto riaffermare
che la Costituzione repubblicana resta il fondamento della nostra democrazia, la tavola dei principi,
dei valori e delle regole che stanno alla base della convivenza comune. L’esito di quel referendum
non preclude naturalmente limitate e puntuali modifiche costituzionali, purché coerenti con i
principi e i valori della Costituzione repubblicana e compatibili con il suo impianto e i suoi equilibri
fondamentali. Tali erano, per esempio, le proposte di riforma approvate a larga maggioranza alcuni
mesi fa dalla Commissione Affari costituzionali della Camera, modellate sulle esperienze delle
migliori democrazie parlamentari europee e del tutto compatibili con la scelta espressa dal
referendum del 2006. Altrettanto non si potrebbe dire, ad avviso nostro e della grande maggioranza
dei costituzionalisti, per proposte di elezione diretta del Primo ministro e di attribuzione al
medesimo del potere di scioglimento delle Camere, che riproporrebbero un modello di premierato
assoluto ignoto all’esperienza delle democrazie moderne e incompatibile con i principi di
separazione ed equilibrio dei poteri che caratterizzano la struttura delle Costituzioni democratiche.
Il referendum del 2006 ha anche sancito la condanna di riforme costituzionali “di parte” approvate a
colpi di maggioranza. La Costituzione – come Voi ben sapete - è di tutti, garantisce i diritti e le
libertà di tutti, anche delle minoranze; dovrebbe essere modificata solo con il consenso di tutti, o
comunque di una larga maggioranza. Noi siamo convinti che con quel voto il popolo sovrano abbia
dunque affidato al Parlamento un compito: ristabilire il principio della supremazia e della stabilità
della Costituzione; mettere fine alla stagione delle riforme costituzionali “di parte”; approvare
perciò una modifica dell’articolo 138 della Costituzione che, alzando la maggioranza prevista per
l’approvazione di leggi di revisione costituzionale, e rendendo sempre possibile il referendum
popolare “confermativo”, renda impossibili modifiche costituzionali imposte a colpi di
maggioranza. Si otterrebbe, in tal modo, il risultato di mettere finalmente “in sicurezza” la
Costituzione della Repubblica, così come è da tempo stabilito in altre grandi democrazie. Proposte
di legge in tal senso, sottoscritte da parlamentari di diversi gruppi, sono state presentate nel corso
della XV legislatura, ma lo scioglimento anticipato delle Camere ne ha impedito l’approvazione.
Per queste ragioni, ci permettiamo di segnalarVi l’esigenza di esprimere con precisione la vostra
posizione e le vostre intenzioni su queste due questioni essenziali. Per parte nostra, i risultati del
referendum costituzionale del 2006 (che noi promuovemmo) e le preoccupazioni dei nostri soci
(raccolti in molti circoli in ogni parte del Paese) ci obbligano moralmente e politicamente non solo a
rappresentarVi queste preoccupazioni, ma anche a operare per far conoscere a tutti i nostri
concittadini le opinioni e i propositi dei candidati premier e delle forze politiche che partecipano
alla competizione elettorale.
Vi saremmo perciò molto grati se voleste chiarire anche a noi i vostri intendimenti e i vostri
programmi sulle due questioni, rispondendo ai due quesiti seguenti (che sinteticamente riassumono
le nostre preoccupazioni):
1. Proporrete e sosterrete, nella prossima legislatura, un disegno di legge di modifica
dell’articolo 138 della Costituzione che elevi a due terzi la maggioranza necessaria
per l’approvazione parlamentare delle leggi di revisione della Costituzione e
consenta in ogni caso a 500.000 elettori di chiedere il referendum confermativo sul
testo approvato? Proporrete che ciò valga per qualunque legge di revisione
costituzionale, senza distinzioni tra la prima e la seconda parte della Costituzione(*)?
2. Pensate di potere assumere l’impegno di assicurare la coerenza delle riforme
istituzionali che Voi proporrete o sosterrete con i principi e i valori della
Costituzione del 1948 e la loro compatibilità con i suoi equilibri fondamentali, e
dunque con i principi della forma di governo parlamentare?
Per parte nostra, assumiamo l’impegno di portare a conoscenza di tutti gli elettori, le risposte che
ciascuno di Voi vorrà inviarci (o, quanto meno, quelle che ci perverranno entro il 31 marzo). in
modo da contribuire alla libera scelta elettorale di ciascuno dei nostri concittadini.
Ringraziando per l’attenzione, Vi inviamo i nostri migliori saluti
sen. Oscar Luigi SCALFARO (presidente dell’Associazione “Salviamo la
Costituzione”), Giovanni BACHELET, Franco BASSANINI, Sandra
BONSANTI, Leopoldo ELIA, Valerio ONIDA (del direttivo dell’Associazione)
(*) Vi alleghiamo un breve appunto nel quale sono illustrate le ragioni per le quali è “tecnicamente”
impossibile limitare la “messa in sicurezza” della Costituzione alla sola prima parte della stessa.
* L’unità della Costituzione, le riforme costituzionali e la
revisione dell’articolo 138
nota di Gustavo Zagrebelsky
Tutte le Costituzioni sono opere dotate di senso unitario: lo sono per il concetto stesso di
Costituzione. Se non lo fossero – se cioè fossero scindibili in parti indipendenti – non
“costituirebbero” un bel niente. Il senso di una parte potrebbe essere messa contro il senso dell’altra
e, introducendosi “sensi” diversi, si farebbe opera non di costituzione ma di distruzione. Questo vale in generale e, in particolare, vale con riguardo alla distinzione che tra la prima e la seconda parte della nostra Costituzione. Non è vero che si può modificare una delle due parti, lasciando intatta l’altra.
Gli esempi non sono difficili da trovare.
Primo. L’art. 1 riconosce, come corollario della democrazia, che “la sovranità appartiene al
popolo”, che “ la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Il popolo è un concetto
complesso, di sintesi del pluralismo. Non è un concetto unitario, olista, come nella democrazia di
Rousseau. La sua rappresentanza politica richiede certe condizioni. Supponiamo – per assurdo - che
si abolissero le camere rappresentative (seconda parte della Costituzione); o che – più facilmente
immaginabile – le camere venissero depotenziate al punto che il loro ruolo fosse reso solo formale o
lo si riducesse al punto di essere chiamate a esprimere un sì o un no alle proposte del governo;
oppure, che il sistema elettorale portasse a risultati di schiacciamento delle minoranze e di
iperrappresentazione o di rappresentazione totale ed esclusiva della maggioranza: supponiamo tutto
questo. Diremmo forse che queste modifiche dirette (con modifiche costituzionali) o indirette
(attraverso la legge elettorale) non influiscono sull’art. 1 della Costituzione?
Secondo. L’art. 2 riconosce i diritti inviolabili della persona umana e gli artt. 13 e seguenti
prevedono una serie di diritti specifici. La protezione di tali diritti è rimessa a istituzioni la cui
disciplina sta nella seconda parte della Costituzione: innanzitutto la Corte costituzionale e l’insieme
dell’organizzazione giudiziaria. Immaginiamo che si ponga mano alla composizione della Corte, ai
suoi poteri, ai mezzi che i cittadini hanno di accedere a essa; oppure che si stabiliscano forme di
soggezione della magistratura al potere e agli indirizzi della politica (governativa o parlamentare).
Diremmo forse che tali modifiche non influiscono sui diritti che rappresentano uno dei contenuti
principali della prima parte della Costituzione?
Terzo. L’art. 5 stabilisce, come criteri organizzativi fondamentali, l’autonomia e il decentramento; l’art. 6 protegge le minoranze linguistiche. Sono questi principi insensibili a modifiche che possano riguardare il Titolo V della seconda parte della Costituzione, oppure la struttura del Senato, come organo delle autonomie?
Quarto. L’art. 3 della Costituzione, che prevede il principio di uguaglianza, oltre che nel suo
lato formale anche in quello sostanziale, e gli artt. 26 e 28, che prevedono la salute e l’istruzione
come diritti sociali, sarebbero insensibili a modifiche della seconda parte della Costituzione, circa il
potere di spesa e i limiti dell’indebitamento dello Stato, delle Regioni e degli enti locali? E sono
forse insensibili alle riforme che possano interessare l’articolazione sul territorio dei poteri, centrali,
regionali e locali in materia fiscale?
Sono solo esempi. Essi dimostrano ciò che non si potrebbe disconoscere: la prima parte della
Costituzione, che contiene principi fondamentali di sostanza, non è indipendente dalla seconda, che
contiene le norme organizzative che servono a farli valere o che, comunque, ne condizionano
l’attuazione.
La distinzione sulla quale – credo – ci si dovrebbe attestare con molta chiarezza non è dunque
tra “parti” della Costituzione ma tra i suoi fondamenti sostanziali e organizzativi, da un lato, e le loro regole attuative, dall’altro: fermi i primi, sulle seconde si può certamente discutere, perché le
modifiche e gli adeguamenti (ad es. del Senato, alla nuova struttura decentrata dei poteri pubblici;
del governo, alle esigenze di efficienza della sua azione; delle maggioranze di garanzia, alla logica
bipolare, ecc.) sono certamente possibili e, in diversi casi, anche utili.
Ciò che si chiede è dunque un chiaro impegno al mantenimento, nella sua essenza, della Costituzione che abbiamo (con tutti i perfezionamenti che si possano ritenere opportuni). E’ chiaro
che, in concreto, potranno sorgere contrasti interpretativi sulla portata di questa o quella proposta di
innovazione, se essa stia entro o sia fuori di questa Costituzione. Penso ad es. al tema del rafforzamento dell’azione del governo o, come si dice, del premierato. Ma sarebbe già un fatto di
chiarificazione se si accettasse la premessa che, al Parlamento, i poteri e le garanzie che oggi gli
spettano in generale (la legislazione, il controllo sul governo – sfiducia, costruttiva o non costruttiva, compresa –; lo scioglimento come strumento di garanzia, non di lotta politica) non potranno essere sottratti, quali che siano le innovazioni riguardanti il governo, i poteri del presidente del Consiglio, i meccanismi a favore della razionalizzazione degli schieramenti politici in Parlamento.
Aggiungerei, in questa prospettiva, la richiesta di un impegno a favore (oltre che della riduzione numerica) anche della qualità della rappresentanza che si esprime nelle due Camere, una qualità che, oggi, rischia di rendere la difesa dei poteri e delle prerogative del Parlamento una azione, per quanto nobile alla stregua dei sacri principi del costituzionalismo liberal-democratico, assai poco dotata di senso, in relazione alle sue condizioni concrete.
Sono queste posizioni di retroguardia, che si possano bollare come quelle dei soliti “parrucconi” da parte degli altrettanti soliti “innovatori”?
No. Sono esclusivamente scelte di politica costituzionale, alle quali si contrappongono altre scelte, anch’esse di politica costituzionale che, come tali devono essere valutate. La contrapposizione “vecchio” e “nuovo” è totalmente priva di significato in materia costituzionale: essa nasconde diversi modi di concepire i rapporti in questa materia e su questi modi come tali, non perché vecchi o nuovi, ha senso fare chiarezza.
Hanno risposto:
1. Camera dei Deputati
Roma, 28 marzo 2008
Illustre Presidente
Sen. Oscar Luigi Scalfaro
Senato della Repubblica
Prof. Franco Bassanini
Associazione ASTRID
C.so Vittorio Emanuele II, 142
00186 R O M A
Caro presidente Scalfaro, care amiche e amici dell'Associazione, rispondo volentieri alle domande che avete posto a me, come agli altri candidati alla Presidenza del consiglio per le prossime elezioni.
1) Siamo assolutamente convinti che nella prossima legislatura il Parlamento dovrà approvare una modifica dell'articolo 138 della Costituzione che elevi a due terzi la maggioranza necessaria per l'approvazione di leggi di revisione costituzionale e che consenta in ogni caso il successivo referendum popolare sul testo approvato. Questa modifica deve essere, a nostro avviso, preliminare a ogni altro eventuale intervento di revisione costituzionale.
La "messa in sicurezza" preliminare della Costituzione, attraverso la modifica dell'articolo 138, era del resto già contenuta nel programma dell'Unione di due anni fa, e l'esame ne era già iniziato presso la Commissione affari costituzionali del Senato.
Va precisato che la modifica va prevista per qualunque legge di revisione costituzionale, senza distinzione tra la prima e la seconda parte della Costituzione. E ciò oltre che per le ragioni tecniche che i giuristi conoscono, anche perché riteniamo che esista un nesso sostanziale tra le due parti della Carta fondamentale.
Aderiamo alla proposta della Vostra associazione, anzitutto per contrastare la "banalizzazione" della Carta fondamentale, che viene troppo spesso considerata come una delle tante leggi in vigore, da cambiare in uno o più punti a seconda delle opinioni e delle spinte prevalenti in questo o quel momento.
Riteniamo che l'impianto fondamentale, i valori, i principi della nostra Carta fondamentale siano oggi più validi che mai. Essa è il frutto di una stagione alta - idealmente, culturalmente, politicamente - della storia italiana, incomparabile sotto ogni aspetto con quella che stiamo vivendo.
Del resto questo fu il giudizio espresso da una larga maggioranza di italiane e italiani nel
referendum del giugno 2006, quando proprio in nome della difesa della Costituzione repubblicana fu respinta la riforma votata dal centro destra.
Condividiamo anche la proposta che mira a prevedere in ogni caso, cioè quale che sia il numero dei voti con i quali l'ipotizzata revisione costituzionale sia approvata dal Parlamento, la possibilità del ricorso al giudizio finale dei cittadini attraverso il referendum. Alla ragione di principio - per la quale è giusto prevedere la partecipazione dei cittadini a eventuali modifiche della Costituzione, che appartiene a loro, e non ai partiti - si aggiunge una preoccupazione. PD e PdL dichiarano di voler modificare la Costituzione e parlano di legislatura costituente, senza però indicare i concreti contenuti dell'auspicata riforma. C'è quindi il rischio che con la maggioranza parlamentare dei due terzi sia approvata una riforma finalizzata a interessi di parte, e in particolare alla riduzione degli spazi di pluralismo politico e della democrazia rappresentativa.
Un cambiamento, a nostro avviso, negativo e che comunque deve poter essere giudicato - approvandolo o respingendolo - da tutte le cittadine e i cittadini.
2) Riteniamo che la forma di governo parlamentare debba restare alla base della nostra democrazia, e che molto limitate e puntuali siano le modifiche da introdurre alla Costituzione: la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo paritario. E' troppo comodo addossare alla Costituzione responsabilità che sono invece della politica. Se c'è una crisi della democrazia italiana essa è di rappresentanza e di rappresentatività, non di assenza degli strumenti per assumere decisioni. Coerentemente a questa impostazione, riteniamo che la legge elettorale vada riformata sulla base del
modello tedesco. Introdurre una clausola di sbarramento è giusto, per selezionare le forze politiche davvero rappresentative; distorcere la rappresentanza per chi supera la soglia di accesso comprime il pluralismo senza alcun vero vantaggio per la governabilità come del resto dimostra appunto l'esperienza della Germania. Nella prossima legislatura opereremo
perché all'Italia siano date regole democratiche di tipo europeo, e non uno pseudopresidenzialismo oligarchico e asfittico.
Fausto Bertinotti
Risposta Veltroni
1. Sono profondamente convinto che le regole della democrazia debbano essere cambiate solo se intorno alle proposte di riforma c’è un vasto consenso. Per questo la prima iniziativa che ho preso, da segretario del Partito democratico, è stato il dialogo con tutti gli interlocutori politici ed istituzionali per la riforma della legge elettorale. Con quello stesso spirito, quale che sia l’esito delle elezioni, noi ci faremo promotori di un'ampia convergenza tra le principali forze politiche per approvare modifiche mirate, ma su alcuni aspetti incisive, della seconda parte della Costituzione. Nel quadro della riforma, accanto a interventi che rendano le istituzioni parlamentari più snelle ed efficienti, ed i
governi più forti, è giusto tradurre in una norma giuridica quanto noi intendiamo praticare sin d’ora nei fatti, con una modifica dell’articolo 138 che elevando il quorum ai due terzi e consentendo il ricorso al referendum popolare, impedisca alla maggioranza governativa di cambiare la Costituzione da sola. Non possiamo però sottovalutare che elevare il quorum vuol dire aumentare i poteri di veto, soprattutto oggi che il processo di riduzione della frammentazione politica non è ancora pienamente compiuto. E poiché noi intendiamo portare fino in fondo proposte di riforma necessarie per il Paese ma dolorose per una parte della classe politico-parlamentare, come una significativa riduzione del numero dei componenti delle due camere (da 945 a 570), come una profonda diversificazione delle funzioni del Senato, pensiamo possa essere opportuno modificare l’articolo 138 dopo aver vinto questa difficile battaglia, meglio se nel contesto della medesima legge di revisione costituzionale.
2. L’esperienza di altri grandi paesi dimostra che diverse forme di governo – parlamentare, presidenziale, semipresidenziale – sono pienamente compatibili con i valori democratici. Ciascuna, naturalmente, può degenerare se i suoi equilibri interni sono mal disegnati, se non ci sono adeguati controlli e bilanciamenti tra i poteri o se l’esercizio della responsabilità di governo è impedito da un eccesso di poteri di veto. Il programma del Partito democratico propone riforme che si inseriscono pienamente nel solco della forma di governo parlamentare, mantenendo fermo il principio che i governi per rimanere in carica dovranno godere della fiducia del Parlamento. Al tempo stesso le nostre proposte rispondono all’esigenza, non rinviabile per la stabilità e la governabilità del Paese, di rafforzare la capacità di indirizzo del Primo ministro e il mutuo controllo tra le parti politiche e tra le istituzioni. La fedeltà ai valori della Costituzione del 1948 non solo non contraddice, ma ispirerà il nostro impegno per le riforme che servono all’Italia.
martedì 1 aprile 2008
Invito all'incontro di Torre Pellice
INVITO
Venerdì 4 aprile, ore 21
Sala della Biblioteca civica
via Roberto d'Azeglio 10
TORRE PELLICE
Incontro sul tema: Fai la cosa giusta: turismo responsabile
interventi di: Giuseppe Berton, sindaco di Bobbio Pellice
Roberto Boulard, gestore del Rifugio Jervis
Renato Armand Hugon, Legambiente Val Pellice
Marzia Verona, scrittrice
L'iniziativa «Noi nelle Alpi», promossa dalle associazioni Ciaspole, Cai sez. Pinerolo, CAI, tutela ambiente montano Piemonte, Legambiente circolo di Pinerolo, Mountain Wilderness, nasce dall'esigenza di raccogliere e diffondere le esperienze positive che uomini e donne delle nostre valli fanno per costruire un "futuro possibile" della montagna.
Nell'incontro si affronterà la questione del turismo, da molti considerato una delle soluzioni al problema dell'economia montana. Verranno presentate esperienze costruzione di opportunità economiche per un turismo "responsabile" fatto di piccole realtà diffuse sul territorio.
Si affronterà anche il tema della "viabilità alpina" con la proposta di una regolamentazione dell'accesso in quota per la quale sono state raccolte 2007 firme, già presentate alle autorità provinciali.
Nel corso dell'incontro verrà presentato, e posto in vendita al prezzo scontato di 20 € (al posto di 25), il III Rapporto sullo stato della montagna, "Noi Alpi".
Per informazioni: 333 9276627