martedì 27 maggio 2008

Ancora sulla morte di Hassan

M. ci segnala un complemento di informazione - più completa - da leggere collgeandosi a:

La morte di Hassan

Da Carta  del 26 maggio
 
Hassan Nejl, morto nel Cpt di Torino per omissione di soccorso

Alle 10,30, venerdì 23 maggio Hassan Nejl, tunisino di 38 anni, viene portato all'infermeria del Cpt di Torino, dove è rinchiuso da dieci giorni, per la somministrazione di metadone da parte dell'operatore del Sert. Nejl dice alla dottoressa Svlashi di sentirsi male. Ha 39 di febbre. Gli viene data una compressa di augmentin e un antipiretico. Poi Nejl se ne torna nella zona rossa, un cassone con varie stanze, circondato da un cortile delimitato da reti alte venti metri. Il Centro di permanenza temporanea è diviso in tre gabbie enormi, le zone rossa, blu e verde.
Nel pomeriggio Nejl si sente sempre peggio, viene riportato all'infermeria ma questa volta, secondo la dottoressa Ngassa, il termometro segna 37,5 e sceglie di non medicarlo. Nel Cpt di Torino c'è un servizio medico attivo 24 ore su 24, al quale si aggiunge puntualmente la presenza di infermieri. Fin qui, tutti concordano, ma su quello che è successo dopo esistono versioni diverse. Secondo il colonnello Baldacci, della Croce rossa e responsabile del Cpt, che non era però presente, non è capitato più nulla fino alla mattina del sabato, quando, allarmato per le grida dei detenuti, è entrato insieme al dottor Tedesco nella zona rossa e ha verificato la morte di Hassan Nejl. Tedesco era in servizio dalle 20 di venerdì.

Secondo i detenuti, la notte è trascorsa in tutt'altra maniera. Alle 22, racconta Al Huari, Hassan stava malissimo, aveva il viso e il corpo coperto di macchie rosse, gli hanno messo un asciugamano bagnato in fronte ma non è servito a nulla. Qualcuno è uscito nel cortile ed è riuscito a parlare con un operatore della Croce rossa attraverso la grata. Ma secondo l'operatore il medico non c'era. Di fronte a questo rifiuto, e visto il peggioramento dello stato di Hassan, i detenuti chiamano al citofono, che collega la zona rossa con la direzione, ma non arriva nessuno. Alle 23, come ogni giorno, avviene la distribuzione dei farmaci, l'operatore distribuisce le medicine ai detenuti, che vengono chiamati uno per volta, ad una finestra nella grata. Hassan viene accompagnato da Rabi Said a prendere il suo farmaco e chiedono di un medico.

Ancora una volta la richiesta viene ignorata. Dopo mezzanotte ed un ultimo tentativo per vedere il medico chiamandolo dalle sbarre, tornano in stanza. Hassan si addormenta. Tra le sei e le sette del mattino, Rabi Said si accorge che il suo compagno di cella ha smesso di russare. Attraverso le inferriate parla con un operatore della manutenzione. Non arriva nessuno. Alle 9,27, il fratello di Hassan Nejl chiama dalla Tunisia sul cellulare di Al Kair per informarsi dello stato di salute di suo fratello. Cercano di svegliare Hassan ma lui è morto. Il cuscino è coperto di sudore, ha la bava alla bocca e gli arti inferiori bluastri. Sintomi di ipossia, la mancanza di ossigeno.

Questi sono i fatti raccolti da Vittorio Agnoletto, europarlamentare della Sinistra europea, nel corso di una visita al Cpt di Torino, questa mattina, insieme al consigliere regionale del Prc Alberto Deambrogio, all'avvocato Vitale e a Giovanni Amedura, del gruppo migranti di Torino. La delegazione, entrata alle dieci nel Cpt, ha dovuto negoziare con i detenuti, che non volevano parlare con nessuno. Dopo lunghe trattative, i migranti hanno accettato che passassero le grate, a questo punto però è intervenuta la questura, secondo cui le condizioni di sicurezza non potevano essere garantite. I quattro hanno quindi dichiarato che si prendevano la responsabilità. La delegazione ha ottenuto che i testimoni dei fatti siano interrogati alla presenza di un mediatore. Agnoletto ha inoltre parlato con una dirigente della questura, la dottorezza Lavezzaro, che ha affermato che nessun testimone verrà spostato o rimpatriato prima di aver testimoniato. Secondo Agnoletto, «il decesso di Hassan Nejl sembra avvenuto per omissione di soccorso, in un Cpt dove era possibile fare una ossigenoterapia e salvarlo». Il Cpt di Torino è stato riaperto meno di due settimane fa, dopo lavori di ristrutturazione costati oltre 12 milioni euro.

Nonostante i fatti di Torino, il governo prosegue a gonfie vele sulla sicurezza. Il ministro degli interni Roberto Maroni ha annunciato che ci sarà un Cpt in ogni regione, oltre allo censimento di tutti i campi rom presenti in Italia. «Domani vado dal ministro della Difesa – ha detto Maroni – per cominciare a dare attuazione al programma sulla sicurezza, in particolare individuando dieci nuovi Cpt in regioni dove non ci sono». Il governo va avanti anche sul reato di immigrazione clandestina. Il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli ha confermato i tempi: «L'impegno è di approvare il pacchetto sicurezza entro le vacanze estive, compresi tutti i disegni di legge. Poi naturalmente dipende dal parlamento, però l'obiettivo del governo è questo».

lunedì 26 maggio 2008

Governo Nucleare Articolo di Gianni Mattioli e Massimo Scalia

Da "il manifesto" del 24 maggio
 
Ministri, politici e Confindustria ripetono che dall'energia nucleare si
puo' trarre energia abbondante, tanto da liberarci dalla schiavitu' del
petrolio e del gas, energia pulita, tanto da contrastare l'incubo del
cambiamento climatico, energia a prezzi ben piu' limitati, tanto da ridar
fiato alla nostra stanca economia.
Tutto cio' e' una favola, non ha alcun fondamento scientifico razionale: non
poco o tanto discutibile, semplicemente inesistente. Tanto che sorge una
domanda ingenua: e' possibile che ministri, politici e industriali possano
proclamare tante assurdita' senza che un tecnico amico gli suggerisca
qualche dato?
Basterebbe guardare gli altri paesi nucleari: forniscono un quadro di crisi
dell'energia nucleare, documentata dai rapporti dell'Agenzia Internazionale
dell'Energia (Aie) e, in particolare, dell'Agenzia Internazionale per
l'Energia Atomica (Aiea) delle Nazioni Unite.
*
L'energia nucleare abbondante. Di che parliamo? Oggi essa copre il 6,4% del
fabbisogno mondiale di energia, e di uranio fissile, a questo ritmo modesto
di impiego, secondo il rapporto Aiea del 2001 ce n'era per 35 anni. Certo,
si potrebbe ricorrere all'uranio 238, ben piu' abbondante in natura: si
tratta di un tipo di uranio non fissile, ma attraverso il processo di
cattura di un neutrone, si puo' trasformare in plutonio, materiale fissile,
anzi ingrediente principale per le bombe. Materiale dunque ad alto rischio
di proliferazione militare e anche sanitario: un milionesimo di grammo e' la
dose che puo' essere letale per inalazione. La Francia, che aveva perseguito
con decisione questa strada, l'ha abbandonata col venir meno dell'urgenza
strategica della force de frappe.
*
La questione delle scorie radioattive provenienti dalla fabbricazione e
dall'impiego del combustibile nucleare. Solo per l'Italia, con il suo
modesto passato nucleare, si tratta di un centinaio di migliaia di metri
cubi, da sistemare in modo che non vengano piu' a contatto - per "ere"
intere - con l'ambiente, la falda idrica, tutti noi. Oggi non c'e'
soluzione. Si era fatto molto affidamento - anche per Scanzano - sulle
strutture geologiche saline, fidando sul carattere idrorepellente: l'acqua
e' un temibile avversario per la sua capacita' di fessurazione di qualsiasi
contenitore e conseguente messa in circolazione dei materiali radioattivi.
La fiducia e' crollata qualche anno fa, quando, nel corso della messa a
punto del deposito Wipp del New Mexico, l'acqua ha fatto irruzione la' dove
non ci si sarebbe aspettati di trovarla e, inoltre, si e' anche ipotizzata
la possibile circolazione d'acqua a causa dell'insediamento di materiali ad
alta temperatura (a causa della loro radioattivita') con conseguente
alterazione delle condizioni di stabilita' geologica. Oggi si spera nelle
rocce argillose e la Francia indirizza a queste strutture geologiche la sua
ricerca.
*
Ma allora quanto costa il kilowattora, in una situazione nella quale il
ciclo del combustibile nucleare e' tutt'ora materia di ricerca fondamentale?
E si torna alla complessita' di una tecnologia che ripropone il problema
della radioattivita', l'insoluta sfida che conosciamo dal 1896, con la
scoperta di Becquerel. E' questo in definitiva il fattore che ha fatto
lievitare il costo dell'energia prodotta, man mano che le popolazioni (e i
lavoratori) statunitensi chiedevano standard di protezione sempre piu'
elevati.
Vorremmo ricordare a ministri, politici e Confindustria che tutt'ora il
danno sanitario da riadioazioni non ammette soglia al di sotto della quale
non c'e' rischio: dosi comunque piccole - questa e' la valutazione della
Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti -
possono innescare i processi di mutagenesi che portano al danno somatico
(tumori, leucemia) o genetico. Da qui la lievitazione dei costi per la
riduzione di rilasci di radiazioni, si badi, in condizioni di funzionamento
di routine, degli impianti. E, a maggior ragione, la questione della
sicurezza da incidenti.
*
Nasce da tutto questo il progressivo abbandono del nucleare civile, che dal
1978 diviene totale per gli Usa e all'inizio degli anni '90 per tutti i
paesi Ocse (con la sola eccezione del Giappone), Francia compresa. Di qui il
consorzio di ricerca guidato dagli Stati Uniti, Generation IV, che proclama
la messa a punto di un reattore che si vorrebbe piu' sicuro, che usi con
maggior efficienza l'uranio, non proliferante e che dovrebbe costare di
meno. Il prototipo non e' atteso prima del 2025, ma il premio Nobel Carlo
Rubbia giudica gia' insufficiente il programma.
*
In questo quadro e' incredibile parlare di energia pulita e poco costosa: il
Department of Energy situa a 0,06 euro il prevedibile costo del kWh al 2010
e vien da sorridere se si pensa al costo del vento e alla sua formidabile
espansione, altro che nucleare, su scala mondiale.
Certo, le imprese elettromeccaniche devono pur lavorare e forniscono
impianti per esempio a Cina e India, ma continuano a non piazzarli in casa:
solo gli enormi incentivi del provvedimento di Bush fanno dire alla Exelon,
una delle principali imprese elettriche Usa, che, in virtu' di quegli
incentivi, partiranno un paio di impianti entro il decennio, ancora di terza
generazione, come di terza generazione e' quello che si annuncia in Francia
in mancanza di meglio.
E' questo che ci propongono governo, politici e industriali? Attendiamo
chiarimenti.

Decrescita Incontro con Serge Latouche

Segnaliamo e invitiamo a partecipare all'iniziativa di "Pensieri in Piazza" a Pinerolo
 
Mercoledì 28 maggio – ore 21
Auditorium Baralis - via Marro, 10/12 - Pinerolo
La scommessa della decrescita
Serge Latouche – Università di Parigi

venerdì 23 maggio 2008

NUCLEARE?

Articolo tratto da Greenreport di oggi
 
 
Il nucleare al tempo delle favole
di Lucia Venturi
Il governo Berlusconi mostra i muscoli anche in politica energetica: «Entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione - ha annunciato infatti il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, intervenuto ieri alla giornata d'insediamento di Emma Marcegaglia a presidente di Confindustria.
«Solo gli impianti nucleari - ha aggiunto il ministro - consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell´ambiente».
Ma in queste due frasi, il ministro Scajola ha riassunto quelle che sono ad oggi ancora le criticità dell'energia ottenuta dall'atomo: la disponibilità di centrali di nuova generazione, i costi, il problema delle scorie e della finitezza del combustibile. Senza dimenticare la difficoltà in questo paese che si rileva ogni qual volta si progetti di costruire un impianto, anche per la produzione di compost, per le proteste della popolazione.
Abbiamo rivolte queste domande a Massimo Scalia,

Si pensa alla quarta generazione per il ritorno del nucleare nel nostro paese, perché risolverebbe il problema delle riserve di uranio e quello della sicurezza, è così?
«Scajola ripete quello che l'ad di Edison, Quadrino, raccontava pochi giorni fa all'università di Milano. Sono reattori di terza generazione. Infatti quelli su cui discute il consorzio Generation IV dovrebbero essere disponibili - per stessa ammissione di chi ci lavora - il prototipo industriale nel 2025 e la commercializzazione non prima del 2030. Ma quanto uranio fissile sarà rimasto allora, visto che lo studio 2001 dell'Aiea, l'agenzia delle Nazioni unite per l'energia atomica, ne contabilizzava in 35 anni le riserve operative? Guerre per l'uranio come quelle sul petrolio? Né va dimenticato, Ahmadinejad ce lo ricorda tutti i giorni, che anche i reattori del futuro servono a far prolificare l'industria delle bombe».

Scajola dice anche che il nucleare ha costi competitivi
«Il nucleare si tiene solo se sovvenzionato con finanziamenti pubblici o agevolati. Quelli di Edison saranno sicuramente dei maghi a garantire che non ne hanno bisogno, perché in America l'ad di quella industriola che è la Exelon ha detto che i primi due reattori nucleari che si faranno nei prossimi anni - gli ordinativi interni erano fermi dal 1978! - non avrebbero mai visto la luce se non ci fossero stati gli incentivi per il nucleare varati da Bush nel 2005.
Per restare in Europa, il reattore di terza generazione in costruzione a Olkiluoto, in Finlandia, lo stanno facendo con 600 milioni di euro francesi, prestati con lo stesso tasso agevolato riservato ai Paesi in via di sviluppo e con quasi 3 milioni di euro della Deutsche Bank. Ad aumentare i costi c'è poi lo smarginamento dei tempi per i doverosi controlli dell'ente di sicurezza: sui primi due anni ha già accumulato un anno di ritardo nella costruzione. Un dejà vu.
In ogni caso i costi del kwora nucleare dichiarati da quelli che lo fanno, non da quelli che lo studiano, sono 5,3 cent di euro dalla Francia (insospettabile in materia) e 6,1 cent come obiettivo al 2010 dal Doe (Usa), non i vergognosi 2 cent sbandierati da Piero Angela in un suo Superquark».

C'è poi il problema delle scorie radioattive
«Sì ed è da sottolineare il fatto che mentre si ha la pretesa di dire che il problema è praticamente risolto non meno di tre anni fa si stanziavano miliardi di euro da parte di Europa, Usa e Giappone per finanziare la ricerca fondamentale per progetti di "incenerimento" delle scorie. Se il problema fosse davvero risolto, perché continuare ad investire così tanto in queste ricerche?»

Riguardo alla accettabilità, sembra che il fatto che con un referendum sia stato bocciato il nucleare nel nostro paese, sia da considerarsi un "fatto simbolico".
«Il referendum del 1987 ebbe infatti un grande risultato simbolico, quello di bandire il nucleare dalla pubblica opinione. Il governo di allora tentò di far sopravvivere il "limitato presidio nucleare" ma altre battaglie nel Paese e nel Parlamento portarono alla chiusura definitiva nell'agosto del 1990».

Pogrom - Chiedo scusa Lettera di don Ciotti a una signora rom

Pubblichiamo il commento di Don Luigi Ciotti alla foto pubblicata sullo sgombero dei rom di Ponticelli, da l'Unità del 16 maggio 2008

Cara signora,
ho visto questa mattina, sulle prime pagine di molti quotidiani, una foto che La ritrae. Accovacciata su un furgoncino aperto, scassato, uno scialle attorno alla testa. Dietro di Lei si intravedono due bambine, una più grande, con gli occhi sbarrati, spaventati, e l'altra, piccola, che ha invece gli occhi chiusi: immagino le sue due figlie. Accanto a Lei la figura di un uomo, di spalle: suo marito, presumo. Nel suo volto, signora, si legge un'espressione di imbarazzo misto a rassegnazione. Vi stanno portando via da Ponticelli, zona orientale di Napoli, dove il campo in cui abitavate è stato incendiato. Sul retro di quel furgoncino male in arnese – reti da materasso a fare da sponda – una scritta: "ferrovecchi".

Le scrivo, cara signora, per chiederLe scusa. Conosco il suo popolo, le sue storie. Proprio di recente, nei dintorni di Torino, ho incontrato una vostra comunità: quanta sofferenza, ma anche quanta umanità e dignità in quei volti.

Nel nostro paese si parla tanto, da anni ormai, di sicurezza. E' un'esigenza sacrosanta, la sicurezza. Il bisogno di sicurezza ce lo abbiamo tutti, è trasversale, appartiene a ogni essere umano, a ogni comunità, a ogni popolo. E' il bisogno di sentirci rispettati, protetti, amati. Il bisogno di vivere in pace, di incontrare disponibilità e collaborazione nel nostro prossimo. Per tutelare questo bisogno ogni comunità, anche la vostra, ha deciso di dotarsi di una serie di regole. Ha stabilito dei patti di convivenza, deciso quello che era lecito fare e quello che non era lecito, perché danneggiava questo bene comune nel quale ognuno poteva riconoscersi. Chi trasgrediva la regola veniva punito, a volte con la perdita della libertà. Ma anche quella punizione, la peggiore per un uomo – essendo la libertà il bene più prezioso, e voi da popolo nomade lo sapete bene – doveva servire per reintegrare nella comunità, per riaccogliere. Il segno della civiltà è anche quello di una giustizia che punisce il trasgressore non per vendicarsi ma per accompagnarlo, attraverso la pena, a un cambiamento, a una crescita, a una presa di coscienza.

Da molto tempo questa concezione della sicurezza sta franando. Sta franando di fronte alle paure della gente. Paure provocate dall'insicurezza economica – che riguarda un numero sempre maggiore di persone – e dalla presenza nelle nostre città di volti e storie che l'insicurezza economica la vivono già tragicamente come povertà e sradicamento, e che hanno dovuto lasciare i loro paesi proprio nella speranza di una vita migliore.

Cercherò, cara signora, di spiegarmi con un'immagine. E' come se ci sentissimo tutti su una nave in balia delle onde, e sapendo che il numero delle scialuppe è limitato, il rischio di affondare ci fa percepire il nostro prossimo come un concorrente, uno che potrebbe salvarsi al nostro posto. La reazione è allora di scacciare dalla nave quelli considerati "di troppo", e pazienza se sono quasi sempre i più vulnerabili. La logica del capro espiatorio – alimentata anche da un uso irresponsabile di parole e immagini, da un'informazione a volte pronta a fomentare odi e paure – funziona così. Ci si accanisce su chi sta sotto di noi, su chi è più indifeso, senza capire che questa è una logica suicida che potrebbe trasformare noi stessi un giorno in vittime.

Vivo con grande preoccupazione questo stato di cose. La storia ci ha insegnato che dalla legittima persecuzione del reato si può facilmente passare, se viene meno la giustizia e la razionalità, alla criminalizzazione del popolo, della condizione esistenziale, dell'idea: ebrei, omosessuali, nomadi, dissidenti politici l'hanno provato sulla loro pelle.

Lo ripeto, non si tratta di "giustificare" il crimine, ma di avere il coraggio di riconoscere che chi vive ai margini, senza opportunità, è più incline a commettere reati rispetto a chi invece è integrato. E di non dimenticare quelle forme molto diffuse d'illegalità che non suscitano uguale allarme sociale perché "depenalizzate" nelle coscienze di chi le pratica, frutto di un individualismo insofferente ormai a regole e limiti di sorta. Infine di fare attenzione a tutti gli interessi in gioco: la lotta al crimine, quando scivola nella demagogia e nella semplificazione, in certi territori può trovare sostenitori perfino in esponenti della criminalità organizzata, che distolgono così l'attenzione delle forze dell'ordine e continuano più indisturbati nei loro affari.

Vorrei però anche darLe un segno di speranza. Mi creda, sono tante le persone che ogni giorno, nel "sociale", nella politica, nella amministrazione delle città, si sporcano le mani. Tanti i gruppi e le associazioni che con fatica e determinazione cercano di dimostrare che un'altra sicurezza è possibile. Che dove si costruisce accoglienza, dove le persone si sentono riconosciute, per ciò stesso vogliono assumersi doveri e responsabilità, vogliono partecipare da cittadini alla vita comune.

La legalità, che è necessaria, deve fondarsi sulla prossimità e sulla giustizia sociale. Chiedere agli altri di rispettare una legge senza averli messi prima in condizione di diventare cittadini, è prendere in giro gli altri e noi stessi. E il ventilato proposito di istituire un "reato d'immigrazione clandestina" nasce proprio da questo mix di cinismo e ipocrisia: invece di limitare la clandestinità la aumenterà, aumentando di conseguenza sofferenza, tendenza a delinquere, paure.

Un'ultima cosa vorrei dirLe, cara signora. Mi auguro che questa foto che La ritrae insieme ai Suoi cari possa scuotere almeno un po' le nostre coscienze. Servire a guardarci dentro e chiederci se davvero questa è la direzione in cui vogliamo andare. Stimolare quei sentimenti di attenzione, sollecitudine, immedesimazione, che molti italiani, mi creda – anche per essere stati figli e nipoti di migranti – continuano a nutrire.

La abbraccio, dovunque Lei sia in questo momento, con Suo marito e le Sue bambine. E mi permetto di dirLe che lo faccio anche a nome dei tanti che credono e s'impegnano per un mondo più giusto e più umano.

Luigi Ciotti
presidente del Gruppo Abele e di "Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie"

Sabato ore 15 - 23 in piazza Facta a Pinerolo Musica per il Tibet

Segnaliamo l'inizitiava di solidarietà con il popolo del Tibet, promossa dal Circolo ecologista di Pinerolo
 
MUSICA PER IL TIBET 
Pinerolo - piazza Facta
 sabato 24 maggio 
dalle ore 15 alle ore 23,30
.
L'associazione Woeser - Chiara luce"   sarà presente con un banchetto.
Primo allestimento pubblico della mostra fotografica di foto dai campi profughi
La mostra è stata realizzata grazieall'aiuto di "Foto Diego" di Corso Piave (Pinerolo).
La musica saràintervallata da interventi sulla questione tibetana. Durante il concerto, presentazione dell'associazione "Woeser" e delle sue  attività.

Caccia ai Rom : la Costituzione e gli Italiani brava gente

Caccia ai Rom : la Costituzione e gli Italiani brava gente
di Alessandro Balducci
Non e' un Bel Paese quello in cui viviamo noi oggi e in cui dovranno vivere i nostri figli e le generazioni di domani. Profondamente tristi ed inquietanti sono le foto dei campi Rom incendiati da bande di cittadini arrabbiati (o camorristi?); inquietanti e dolorose le immagini delle famiglie di nomadi sgomberate, che si allontanano sui mezzi della Polizia per non essere linciati dalle stesse bande.
Coloro che con "geometrica potenza" hanno assaltato ed incendiato i campi evacuati a Ponticelli sono dei teppisti organizzati che - si spera - verranno assicurati quanto prima alla giustizia. Perché la legge è uguale per tutti. E invece ci risulta che quei teppisti e incendiari da strada, se ne stavano fino a ieri tranquillamente a passeggio nei loro quartieri e nelle loro vie, come se nulla fosse accaduto.
Allo stesso modo ci piacerebbe vedere, una volta tanto, assicurati alla giustizia i teppisti degli stadi e gli squadristi che si annidano nei vari club calcistici: e invece, anche nell'ultima domenica di campionato, abbiamo dovuto sopportare le loro violenze gratuite e gli scontri con la polizia. E, a quanto mi risulta, nessuno di loro è stato fermato.
Noi dell'Osservatorio, che ci adoperiamo per difendere con diverse azioni i diritti civili, abbiamo nel nostro DNA la Costituzione repubblicana ed il principio secondo il quale la legge è uguale per tutti. Purtroppo, invece, a 60 anni dalla promulgazione della Carta Fondamentale, siamo ancora a dover difendere e denunciare gli stravolgimenti della Carta Costituzionale e/o la loro mancata applicazione nella vita di tutti i giorni.
Se un Rom ruba il portafogli a un Italiano, parte subito una massiccia campagna mass-mediatica accompagnata dallo stillicidio di parole d'ordine razziste provenienti dai soliti noti esponenti di forze politiche tanto estremiste quanto irresponsabili; col risultato che la pubblica opinione è portata a pensare che "tutti i Rom siano dei ladri". La responsabilità penale è individuale e ne risponde l'individuo che ha commesso il reato, non l'etnia alla quale lui appartiene. Del resto, di fronte al brutale e raccapricciante omicidio della 14enne di Niscemi (forse addirittura in stato interessante!) da parte di tre suoi coetanei, a nessun giornalista o opinionista nostrano è saltato in mente di dire che gli adolescenti di Niscemi "sono tutti assassini".
Oggi è comodo prendersela con i Rom: nessuno li difende, non si possono permettere di pagare profumate parcelle agli avvocati e quindi, quando vengono giudicati e riconosciuti colpevoli, vanno subito in galera, senza Appello o Cassazione; non hanno patroni politici o "santi in paradiso", come si dice nell'italica terra. Quindi sono il capro espiatorio ideale. Una classe politica inconcludente ed incompetente, che non essendo all'altezza della situazione drammatica economica e sociale in cui versa il Paese, cerca in qualche modo di distogliere l'attenzione additando un'etnia come la responsabile di tutti i mali; è un film gia' visto, purtroppo. Come dice in un'intervista Amos Luzzatto, ex presidente delle comunità ebraiche: "Noi ebrei sappiamo bene cosa significhi essere perseguitati, demonizzati, sterminati. Per questo, da ebreo italiano e da cittadino democratico, non posso che guardare con orrore e preoccupazione alla campagna d'odio verso i Rom".
Ma se a più di 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale scatenata dal fascismo e dal nazismo, siamo ancora qui a dover rivedere film già visti, al riemergere di fantasmi di un tragico passato che non passa mai, non sarà forse il caso che questo Paese si convinca una volta per tutte della necessità di fare i conti con le sue responsabilità e con la sua memoria? Non è giunto il momento per questa nazione di buttare al macero il falso mito degli "Italiani brava gente" e di riconoscere le sue responsabilità nella genesi dell'Olocausto, nelle persecuzioni razziali, nei crimini contro l'umanità commessi in tempo di guerra contro Etiopi, Somali, Libici, Croati, Serbi, Sloveni, Greci, Albanesi, Rom?
Se dopo più di 60 anni siamo ancora pronti a ricominciare coi pogrom e coi linciaggi, se tutta l'Europa (ma anche i Paesi fuori dall'Europa) ci guarda con inquietudine e sospetto, allora ha ragione chi dice che essendo mancata una "Norimberga" italiana, il popolo italiano non ha mai elaborato e preso coscienza pienamente delle vicende, dei meccanismi e dei silenzi omertosi e colpevoli che contribuirono - negli anni '20 - alla distruzione della democrazia e del sistema parlamentare ed all'instaurazione di un regime populista, autoritario e guerrafondaio.
In questo contesto, e soprattutto negli ultimi anni, c'è stata - è vero - una certa rinnovata attenzione sui tragici eventi di quel periodo ma questa rinnovata attenzione ha puntato i riflettori soprattutto sui tragici fatti di sangue e sulle vendette avvenute verso la fine della guerra e nell'immediato dopoguerra. Eventi sui quali e' sempre doveroso fare operazione di ricostruzione storica ma che sono stati purtroppo strumentalizzati in chiave revisionista slegandoli dal clima di odio e di violenza che ha caratterizzato la nascita e l'instaurazione del fascismo, la guerra e poi la lunga sequela di massacri e stragi perpetrati dopo l'8 settembre dalle truppe tedesche in ritirata.
E così a fronte di un proliferare di libri e saggi sulla "scia di sangue" che ha accompagnato la fine della guerra (ma che, va riconosciuto onestamente, ha interessato tutti i Paesi che si sono liberati dai nazi-fascisti) agli Italiani non si consente di vedere l'interessantissimo documentario "Fascist Legacy" sui crimini di guerra commessi dalle truppe d'occupazione di Mussolini, nonostante esso sia stato acquistato dalla Rai quasi 20 anni fa!
Ecco perché sono da prendere seriamente gli allarmi lanciati non solo da Amos Luzzatto ma anche da Stefano Rodotà che, in un lucido commento di denuncia, comparso alcune settimane fa su un grande quotidiano nazionale, ebbe a dire: "Una ventata razzista e forcaiola sta attraversando l´Italia, e rischia di consolidarsi. Ammettiamo pure che grandi siano le responsabilità della sinistra, nelle sue varie declinazioni, per non aver colto il bisogno di rassicurazione di persone e ceti, spaventati dalla criminalità "predatoria" e ancor più dall´insicurezza economica, vittime facili dei costruttori della "fabbrica della paura". Ma questa ammissione può forse diventare una assoluzione, un modo rassegnato di guardare alle cose senza riconoscerle per quello che davvero sono?".
La campagna d'odio sui Rom è una spia, un segnale: il segnale di una situazione di estrema gravità rappresentata dalla caduta della coscienza civile, dalla perdita della memoria storica e dall'abbandono di una cultura del diritto e dei diritti. Del resto chi incendia i campi degli zingari, con molta probabilità - anzi, quasi con certezza - è anche quello che viene assoldato dalle stesse organizzazioni criminali che hanno intombato in Campania una montagna alta come l'Everest di rifiuti provenienti da tutta Italia, col risultato che adesso nelle discariche campane non c'è più posto per gettare neanche un pezzo di carta.
Ed allora, cosa c'è di meglio di dare addosso al Rom?
Da: Osservatorio sulla legalità http://www.osservatoriosullalegalita.org/index.html

giovedì 22 maggio 2008

Pogrom

Da leggere l'allegato articolo sugli "zingari" famosi. Cacceranno anche questi?

mercoledì 21 maggio 2008

Programma pensieri in Piazza

Dal 23 maggio al 1 giugno si terranno gli incontri di "Pensieri in Piazza" (pubbliche riflessioni su forme, figure e trasfigurazioni della vita in comune). In allegato il programma.

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Bertolt Brecht

Provate ad immaginare.
Una persona del vostro quartiere è sorpresa dentro un appartamento: forse voleva rubare, forse voleva portar via una neonata. Viene arrestata.

Provate ad immaginare.
Il giorno dopo e poi quelli successivi, ragazzi in motorino lanciano una molotov contro la casa di un vostro vicino. L'incendio brucia in parte l'appartamento ma, per fortuna, l'uomo, la donna e i due bambini che ci vivono se la cavano. Spaventati, ma incolumi. Poi è la volta di un intero quartiere: arrivano a centinaia con i bastoni e le bottiglie incendiarie. La gente scappa si rifugia da parenti.

Provate ad immaginare.
Un bambino che vive ad un paio di isolati da casa vostra viene circondato da gente ostile che, sapendo che è del vostro paese, lo insulta, lo schiaffeggia, lo spinge a forza dentro una fontana. Il bambino è piccolo, forse piange, forse stringe i denti perché la violenza degli altri è un pane duro che ha imparato a masticare sin da quando è nato.

Provate ad immaginare.
La furia non si placa: anche i quartieri vicini sono sotto assedio. Raccolte in fretta poche povere cose intere famiglie si allontanano. La polizia non ferma nessuno degli incendiari ma "scorta" voi e i vostri compaesani. Andate via. Non sapete dove. Lontano dalle molotov, lontano dalla rabbia, lontano dalla ferocia di quelli che sino al giorno prima vivevano a poche centinaia di metri da voi. Andate in cerca di un buco nascosto dove, forse, potrete resistere per un po'. Fino alla prossima molotov.

Provate ad immaginare.
Vostri compaesani e parenti che vivono lontano, in altre città, vengono assaliti, le loro case bruciate. Anche loro sono in strada.

Provate ad immaginare.
Il governo del vostro paese vara misure straordinarie per far fronte all'emergenza. Leggi per fermare la violenza e l'illegalità. Leggi contro di voi ed i vostri parenti, contro i vostri vicini di casa, contro quelli del vostro quartiere e contro tutti quelli del vostro stesso paese.

Provate ad immaginare di essere in Italia, in questo maggio del 2008.
Non vi pare possibile? Eppure è cronaca di tutti i giorni. La cronaca di un pogrom.

Un pogrom che sta incendiando l'Italia. Brucia le baracche dei rom e corrode la coscienza civile di tanti di noi. Qualcuno agisce, i più plaudono silenti e rancorosi, convinti che da oggi saranno più sicuri. Al riparo dalla povertà degli ultimi, di quelli che non si lavano perché non hanno acqua neppure per bere, di quelli che di rado lavorano, perché nessuno li vuole, di quelli che vanno a scuola pochi mesi, tra uno sgombero di polizia ed un rogo razzista.

Forse pensate che questo non vi riguarda. Forse pensate che questo a voi non capiterà mai. Siete cittadini d'Europa, voi. Siete gente che lavora, che paga il mutuo, che manda i figli a scuola. Forse avete ragione. Forse no. Nella roulette russa della guerra sociale c'è chi affonda e chi resta a galla. Il lavoro non c'è, e se c'è è precario, pericoloso, malpagato. Il mutuo vi strangola, non ce la fate ad arrivare alla fine del mese, a pagare tutte le spese, ma forse, tirando a campare, con la paura che vi stringe la gola, ce la farete. Gli altri, quelli che restano fuori, che crepino pure. Nemici, anche i bambini. O li caccia il governo o ci penserete voi stessi, di notte con i bastoni e le molotov. A fare pulizia. Etnica. Intanto, giorno dopo giorno, i nemici, quelli veri, vi portano via la vita, rendono nero il vostro futuro. Il nemico marcia sempre alla nostra testa: è il padrone che sfrutta, è il politico che pretende di decidere per noi, che vuole che i penultimi combattano gli ultimi, perché la guerra tra poveri cancella la guerra sociale.

Provate ad immaginare che un giorno il padrone vi licenzi, che la banca si prenda la casa, che la strada inghiotta voi e i vostri figli.

Sarà il vostro turno. Ma allora non ci sarà più nessuno capace di indignazione, capace di rivolta.

Provate ad immaginare un futuro come questo presente, da incubo. Un'offensiva razzista senza precedenti che trova pericolosi consensi anche in quegli strati popolari che avrebbero mille motivi per rivoltarsi contro ben altri soggetti e, cioè, contro i poteri forti e i suoi costanti soprusi sulle classi subalterne.

Morti sul lavoro, salari da fame, precarietà diffusa e disoccupazione, problema casa, distruzione dei servizi sociali, problematiche sociali diffuse il cui responsabile ha un nome e cognome ben chiaro: il sistema capitalista, che continua a produrre super-profitti da una parte, guerre, sfruttamento e miseria dall'altra.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: strada libera per la crescita di un nuovo fascismo, istituzionale, squadrista e addirittura popolare.

Provate ad immaginare.
Un giorno qualcuno potrebbe chiedervi "dove eravate mentre bruciavano le case, deportavano la gente, ammazzavano i bambini?" Non dite che non sapevate, non dite che non avevate capito, non dite che voi non c'entrate.

Chi non ferma la barbarie ne è complice.


Nota:

Ondina Peteani, prima staffetta partigiana d'Italia, deportata ad Auschwitz con il numero 81672.
Nata a Trieste il 26 aprile 1925, deceduta a Trieste il 3 gennaio 2003, ostetrica, libraia, sindacalista, dirigente dell'ANPI, dell'ANED ( Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) e delle donne democratiche. All'indomani della scomparsa di Ondina Peteani, il figlio Gianni ha costituito un Comitato, da lui stesso presieduto, per onorarla come "prima staffetta partigiana d'Italia".

20 maggio 2008 |

 

domenica 18 maggio 2008

DECRESCITA

Cinque anni di crescita. Si salvi chi può    

di Guglielmo Ragozzino,

 

Crescere, stando a Silvio Berlusconi, «significa produrre più ricchezza». Nel discorso al Parlamento, Berlusconi sceglie però di spiegare ai presenti e al paese che c'è ben altro: si può utilizzare la crescita per una serie di finalità. La tecnica oratoria lo porta lontano, fino a indicare almeno nove scopi possibili. Scuola, ricerca e formazione; federalismo fiscale; promozione del Mezzogiorno; infrastrutture; famiglia e rimozione delle cause dell'aborto; controllo dell'immigrazione; valorizzazione delle imprese italiane; lavoro, ma senza morti bianche; flessibilità. La crescita della ricchezza insomma consentirà margini di manovra in tutte queste direzioni.

D'altro canto il miracolo della crescita avverrà se alcuni settori d'intervento si metteranno in moto. Berlusconi suggerisce così un circolo virtuoso in cui la crescita è tanto fine che mezzo. Tra qualche mese ci dirà che tutto e subito non si può fare: prima questo e dopo, semmai, quello. Tanto per fare un esempio, prima il federalismo del Nord e solo poi la compassione per il Sud.

Crescita, Crescere e Accrescere sono concetti che compaiono almeno 17 volte nel testo del presidente del consiglio. Sviluppo, invece una sola e come «sviluppo demografico». Non ne sarà felice Claudio Scajola che dello Sviluppo è il ministro.

A ben vedere quello considerato essenziale è il caso dell'impresa ; e il risultato dipende anche - o soprattutto - da «una seria e non retorica tutela dell'ambiente». Sull'ambiente c'è solo questa citazione nel discorso del presidente del consiglio. In precedenza però Berlusconi aveva invitato a «Rinnovare il paesaggio delle nostre infrastrutture». Sommando uno più uno, sembra che si suggerisca all'opposizione parlamentare di non tutelare l'ambiente «in modo retorico», ma accettare invece di rinnovare il paesaggio con qualche ulteriore infrastruttura «nostra». Si può scommettere che l'opposizione di sua maestà accoglierà la proposta di buon grado.

 

                                                                           da il manifesto del 14 maggio 2008

domenica 11 maggio 2008

Per la scuola della Costituzione: la Costituzione a scuola.

Per la scuola della Costituzione: la Costituzione a scuola.





La Costituzione è la legge fondamentale del nostro Paese; essa afferma i valori fondanti della nostra democrazia ed i principi fondamentali della nostra vita sociale; da più parti si afferma che la scuola deve anzitutto formare il cittadino; ma una tale formazione presuppone anzitutto la conoscenza della Costituzione, dei suoi valori e delle sue origini storiche; un cittadino non può ignorare la legge fondamentale che regola la vita democratica del Paese; nelle scuole italiane però la Costituzione non si studia; la Costituzione deve essere però introdotta nella scuola secondaria come insegnamento autonomo che tutti i giovani devono conoscere e studiare.

Da più parti è stato già rivolto in tale senso un appello al Presidente della Repubblica nella consapevolezza che Egli si farà certamente interprete di tale esigenza presso le competenti sedi istituzionali.

Ci associamo a tale richiesta affinchè nel sessantesimo della sua nascita la Costituzione Repubblicana possa concorrere nelle scuole italiane alla formazione culturale e democratica delle nuove generazioni.