di Franco Cordero
Il teatro berlusconiano ha movimenti e statue da presepio meccanico. Luglio 2010: Sua Maestà pretendeva che il Senato votasse subito un ddl sulle intercettazioni, emendato dalla Camera; sapendosi seduto sul camino d´un vulcano, temeva l´eruzione; quanta roba bolliva là sotto, dalle serate d´Arcore alla P4. Non c´era più tempo: l´estate porta la scissione nel Pdl; da lì un travaglio chiuso sul filo del rasoio, con l´acquisto d´anime transumanti e sopravvivenza artificiale d´un governo catalettico. Adesso comanda lavori legislativi in settantadue ore, prima che Palazzo Madama chiuda. Nel frattempo pioveva sul bagnato. Annus horribilis: gli votano contro Torino, Milano, Napoli, mentre l´anno scorso aveva nella manica l´asso plebiscitario o almeno credeva d´essere agonista irresistibile; quattro referendum affondano altrettante leggi sue; invocava l´arrocco nel voto sull´arresto d´un parlamentare Pdl (posizione strategica, essendo in ballo la P4) e soccombe ancora, tradito dalla Lega. Non è più lui nella fantasia collettiva e, stando ai casi analoghi, i carismi svaniti non tornano. Questa diversione parlamentare sa d´estremo esorcismo. Vediamola.
Delle due novità una non è tale. Secondo l´art. 238-bis (interpolato dalla l. 7 agosto 1992 n. 356), le sentenze «irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova» dei fatti ivi accertati. Allora notavo come in sé non provino niente: l´eventuale apporto istruttorio viene dal materiale raccolto, comunque l´abbiano usato, bene o male, e sta nei relativi verbali; analisi del discorso testimoniale o argomenti induttivi, presi dalla motivazione, valgono nella misura della qualità logica, poco o tanto; e vengono utili anche detective stories intelligenti, come ne scriveva Edgar Allan Poe (Procedura penale, 8ava ed., 2006, 805 sg.). Insomma, ogni giudice deve risolversi l´equazione storica. Se vogliamo attribuire un senso all´art. 238-bis, intendiamolo così: non è richiesta la copia autentica dei singoli verbali, risultando dalla sentenza il contenuto degli stessi; l´interessato può confutarla esibendoli; resta fermo il diritto d´escutere il testimone ogniqualvolta la parte fosse estranea a quel giudizio. Su tale punto, dunque, l´ennesima manomissione pro Domino Berluscone lascia le cose quali erano.
L´altro fendente confisca un potere senza il quale i dibattimenti diventano teatro dell´assurdo in mano al guastatore. In limine i contraddittori espongono le rispettive prove: spetta al giudice ammetterle, se compatibili col sistema (non lo sono, ad esempio, iudicia feretri, sedute spiritiche, narcoanalisi, lie detector); e devono essere rilevanti, ossia tali che i relativi fatti influiscano sulla decisione. Questo secondo vaglio cadrebbe, stando ai segnali dal laboratorio, con l´intuibile elefantiasi del procedimento. Nell´arte avvocatesca d´Arcore il capolavoro è gonfiarlo, stando sur place, finché la materia penale svanisca, estinta dal tempo: udienze interminabili e manovra a tenaglia; la seconda ganascia scatta appena il tempo perso superi dati termini; il tutto sparisce dal mondo, come mai avvenuto. Sviluppano un freddo farnetichio i processi «lungo» e «breve», correlati nel piano criminofilo, roba negromantica. Nel vizioso codice vigente esiste ancora qualche limite al perditempo: il presidente taglia le liste «manifestamente sovrabbondanti» (art. 468, c. 2); sull´ammissione decide un´ordinanza, escludendo ogni prova «superflua» (art. 495, c. 4). Nel rito futuribile diventa padrona la parte: sfilano quanti testimoni l´interessato ritiene conveniente indicare; B. voleva escuterne 1500, il cui esame, laboriosamente condotto, riempirebbe vari anni. Passatempo costoso, esperibile da chi abbia tanti soldi. Ad esempio, N prospetta un´ipotesi difensiva nel cui contesto assume qualche vago rilievo la condizione climatica, e porta in aula tutti i meteorologi reperibili nei due emisferi, o chiama duemila testimoni sul seguente tema: conoscono bene l´imputato, omicida flagrante; raccontando quel che sanno sul conto suo forniranno dati alla diagnosi della personalità, importante nel quantificare la pena. Sono innumerevoli le possibili diavolerie.
Più delle precedenti, questa ventesima lex ad personam, utile nei casi Mills e Ruby, presenta l´immagine d´un paese sfigurato: decade a vista d´occhio; non ha futuro; e l´uomo che da 17 anni v´imperversa (ma l´azione tossica ne conta almeno trenta), ordina alla troupe d´allestirgli una sporca via d´uscita dai giudizi penali, noncurante della figura. Da come gli ubbidiscono, vediamo a che punto sia l´insensibilità morale. I reggicoda definiscono «sacrosanto» il diritto d´allungare i tempi d´una macchina al collasso. Non stupisce che il Pdl gli corra dietro: perdurando le rendite, lo seguiranno alla porta dell´inferno, con un salto laterale in extremis perché da queste parti la tragedia ha poco sèguito, né valgono fedeltà assolute; ogni domestico misura il padrone a occhiate fredde. Non se le sente addosso? Aspettiamo le scelte leghiste: andargli dietro sarebbe perdita secca, qualunque corrispettivo offra; era gesto astuto votare l´arresto del parlamentare Pdl mercoledì 20 luglio; ricadendo nell´abito servile, mascherato da insofferenze inconcludenti, il Carroccio perderebbe ogni credito. Corre un tempo climaterico. L´ultima mossa conferma quel che sapevamo: l´Olonese non ha freni, né morale né estetico, e nemmeno l´elementare prudenza con cui agivano famosi scorridori. A proposito, viene in mente un caso tedesco 1938: Werner von Fritsch, comandante dell´esercito, deve dimettersi sotto false accuse fabbricate dalla Gestapo; poche settimane dopo risulta innocente ma cosa fatta capo ha; ormai, scrive in una lettera, il popolo tedesco è inseparabile da Hitler, finiranno nell´abisso. Speriamo superfluo lo scongiuro: gl´italiani sanno sopravvivere e Re Lanterna non è «der Führer», sebbene così lo chiamasse sei anni fa un´operosa emissaria Mediaset nella Rai, né sa cosa significhi Götterdämmerung; auguriamogli lunghi ozi in uno dei suoi paradisi, dove non mancheranno le odalische.
La Repubblica, 29 luglio 2011
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